Quando si lavora dalla mattina alla sera sullo stesso testo, si finisce spesso per riflettere su tutto, anche su quelle cose che normalmente si darebbero per scontate. Sto editando il romanzo di un'autrice che reputo interessante, sveglia, intelligente. Un'autrice che però ha scritto: "... semplice ma d'impatto" come se niente fosse.
Semplice ma d'impatto.
Quel ma non mi piace. Una cosa semplice non può essere d'impatto? Solo le cose difficili possono essere d'impatto? Non capisco. Un'autrice come ho detto intelligente non dovrebbe commettere simili leggerezze. Le parole hanno un senso, le parole sono importanti. La moda attuale, però, pare quella di scrivere di getto, di non soffermarsi troppo sulla forma ma solo sul concetto. Peccato che concetto e forma siano legati indissolubilmente.
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sabato 3 dicembre 2011
Il senso delle parole
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Lo scrittore bugiardo
"I giovani autori hanno poca esperienza. Spesso parlano di cose che non hanno mai provato e il lettore non è scemo, se ne accorge. Allora bisogna affiancargli un editor competente. A questo punto però non ha senso parlare di giovani autori, quanto di giovani autori con editor esperti. Quindi un giovane autore ha poca esperienza." (Editor Feltrinelli)
"I giovani autori hanno uno stile fresco e parlano ai loro simili. Anche se non hanno una grande esperienza compensano col loro entusiasmo. Nel fantasy funzionano! E anche nella narrativa, specie se trattano argomenti particolarmente spinosi." (Editor Mondadori)
Questi sono i due pareri più diffusi sul mondo dei giovani autori. Inutile dire che non sono d'accordo. Forse dovrei cambiare nome, da AnonimoInformato ad AvversoIndisposto. Ma non avrebbe lo stesso fascino, non trovate? Il fascino di chi ha voglia di dire senza essere visto, di chi ama, lo ammetto, leggere i vostri commenti. Commenti che più di una volta mi hanno sorpreso.
Ma tornando ai giovani autori, le affermazioni che ho riportato peccano entrambe di stupidità. Esatto, stupidità. La prima:
Prediligo insomma la via di mezzo. Ho sempre detto che gli editori dovrebbero smistare meglio i manoscritti in arrivo, evitando l'inutile accumulo di pile instabili e i tentativi ripetuti di persone che a stento sanno scrivere il proprio nome. Una selezione più ferrea quindi. Una selezione che dovrebbe comprendere anche la biografia dell'autore. Non si deve cercare necessariamente il ragazzo che ha combattuto in guerra ed è tornato con un testicolo in meno; la selezione serve solo a eliminare gente che scrive:
"[...]e la freccia l'ho colpì al cuore e lui cadde a ytrerra salando l'ultimo respiro" (Autore che ho appena cestinato)
"I giovani autori hanno uno stile fresco e parlano ai loro simili. Anche se non hanno una grande esperienza compensano col loro entusiasmo. Nel fantasy funzionano! E anche nella narrativa, specie se trattano argomenti particolarmente spinosi." (Editor Mondadori)
Questi sono i due pareri più diffusi sul mondo dei giovani autori. Inutile dire che non sono d'accordo. Forse dovrei cambiare nome, da AnonimoInformato ad AvversoIndisposto. Ma non avrebbe lo stesso fascino, non trovate? Il fascino di chi ha voglia di dire senza essere visto, di chi ama, lo ammetto, leggere i vostri commenti. Commenti che più di una volta mi hanno sorpreso.
Ma tornando ai giovani autori, le affermazioni che ho riportato peccano entrambe di stupidità. Esatto, stupidità. La prima:
- Il lettore è scemo o almeno la maggior parte. Adora essere preso in giro, vagare tra montagne dai nomi confusi e conoscere genti che normalmente ignorerebbe. Il lettore VUOLE essere ingannato. Chi cerca il realismo esce di casa e vive nel mondo vero.
- Cos'è un editor competente? Competente come? E che senso ha affiancare un editor anziano a un giovane che dovrebbe muoversi da solo, senza stampelle?
- Lo stile fresco non è proprio solo dei giovani autori. E' un concetto assurdo e la dice lunga sulla condizione dell'editoria italiana.
- L'entusiasmo, di nuovo, non è proprio solo dei giovani autori. Conosco un autore sessantenne che si diletta a scrivere romanzi per bambini e a pubblicarli sotto falso nome. Lui, di entusiasmo, ne ha fin troppo.
- Argomenti spinosi. Si commenta da solo.
Prediligo insomma la via di mezzo. Ho sempre detto che gli editori dovrebbero smistare meglio i manoscritti in arrivo, evitando l'inutile accumulo di pile instabili e i tentativi ripetuti di persone che a stento sanno scrivere il proprio nome. Una selezione più ferrea quindi. Una selezione che dovrebbe comprendere anche la biografia dell'autore. Non si deve cercare necessariamente il ragazzo che ha combattuto in guerra ed è tornato con un testicolo in meno; la selezione serve solo a eliminare gente che scrive:
"[...]e la freccia l'ho colpì al cuore e lui cadde a ytrerra salando l'ultimo respiro" (Autore che ho appena cestinato)
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Incontri del primo tipo
Come dissi tempo fa, esistono scrittori di serie A e scrittori di serie B. Cosa li distingue agli occhi di noi editor? La professionalità. E qui si passa a un'ulteriore precisazione:
1. C'è lo scrittore permaloso, che si offende per ogni correzione dell'editor e che contesta persino le virgole.
2. C'è lo scrittore menefreghista, che accetta passivamente tutte le scelte dell'editor.
3. C'è lo scrittore paraculo, che finge di essere menefreghista e invece è permaloso.
4. C'è lo scrittore che non ascolta l'editor e corregge a cazzo il suo romanzo.
Inutile dire che la terza tipologia è la più diffusa. La seconda per fortuna un po' meno, anche perché è la più tremenda; presume infatti che venga meno il proverbiale dibattito tra editor e scrittore, quello che è all'origine di ogni opera di tutto rispetto. Senza non ci sono che correzioni e storie. Nessun tipo di confronto, nessun margine di miglioramento.
Perché vi sto parlando di questo? Perché si dà il caso che stia lavorando con uno scrittore del primo tipo. Un autore spocchioso e dallo stile imbarazzante che, non si sa come, è al suo decimo o ventesimo romanzo. Una collega mi aveva anticipato qualcosa sul suo caratterino, ma credevo esagerasse.
Sbagliavo. Oh, se sbagliavo.
In confronto i bambinetti che di tanto in tanto mi assegnano sono dei signori. Quelli sì che sanno come dire le cose in faccia, come tirar fuori delle buone idee. Invece gli autori del primo tipo sono così noiosi. So cosa diranno ancor prima che aprano bocca, che contestino i suggerimenti, che dispensino i loro sorrisetti bastardi. Eppure noi editor continuiamo a insistere. E' il nostro lavoro, la nostra passione e ci dà fastidio l'incompiuto. Anche a costo di ingurgitare una confezione intera di Malox.
1. C'è lo scrittore permaloso, che si offende per ogni correzione dell'editor e che contesta persino le virgole.
2. C'è lo scrittore menefreghista, che accetta passivamente tutte le scelte dell'editor.
3. C'è lo scrittore paraculo, che finge di essere menefreghista e invece è permaloso.
4. C'è lo scrittore che non ascolta l'editor e corregge a cazzo il suo romanzo.
Inutile dire che la terza tipologia è la più diffusa. La seconda per fortuna un po' meno, anche perché è la più tremenda; presume infatti che venga meno il proverbiale dibattito tra editor e scrittore, quello che è all'origine di ogni opera di tutto rispetto. Senza non ci sono che correzioni e storie. Nessun tipo di confronto, nessun margine di miglioramento.
Perché vi sto parlando di questo? Perché si dà il caso che stia lavorando con uno scrittore del primo tipo. Un autore spocchioso e dallo stile imbarazzante che, non si sa come, è al suo decimo o ventesimo romanzo. Una collega mi aveva anticipato qualcosa sul suo caratterino, ma credevo esagerasse.
Sbagliavo. Oh, se sbagliavo.
In confronto i bambinetti che di tanto in tanto mi assegnano sono dei signori. Quelli sì che sanno come dire le cose in faccia, come tirar fuori delle buone idee. Invece gli autori del primo tipo sono così noiosi. So cosa diranno ancor prima che aprano bocca, che contestino i suggerimenti, che dispensino i loro sorrisetti bastardi. Eppure noi editor continuiamo a insistere. E' il nostro lavoro, la nostra passione e ci dà fastidio l'incompiuto. Anche a costo di ingurgitare una confezione intera di Malox.
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Dialoghi
L'ultimo manoscritto della giornata. Un cumulo di frasi fatte e dialoghi imbarazzanti. Ma dico io, si può nel 2010, in un romanzo contemporaneo, scrivere "il destino ha scelto la mia strada, per questo mi vedo costretto a lasciarti"? Persino nella peggiore fiction italiana c'è di meglio. Non sto chiedendo una cazzo di sceneggiatura, ma almeno frasi interessanti, sveglie, coraggiose, d'impatto.
Vado a letto che è meglio.
Vado a letto che è meglio.
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